In questi ultimi anni la figura del mediatore familiare si è consolidata fino a evolvere in una professione a tutto tondo. Molti paesi, europei e non, hanno da tempo inquadrato il lavoro del mediatore familiare secondo quella che è la propria normativa, specificandone le mansioni, i ruoli e i limiti in maniera chiara e univoca. Un precursore in questo campo è stato, negli anni ’70, lo psicologo e avvocato James Coogler, fondatore del primo centro privato di servizi di consulenza e mediazione familiare ad Atlanta. Sempre suo, l’anno dopo, è stato la Family Mediation Association, rivolta ai coniugi che intendono negoziare la loro separazione coniugale, nonché rinegoziare gli accordi di divorzio, in un’ottica di superamento della logica vincitore/perdente.
Alla fine degli anni ’70 anche John Haynes, fondò la “Academy of Family Mediators”, introducendo il modello c.d. negoziale di mediazione familiare basato sulle tecniche utilizzate per la gestione dei conflitti delle imprese. Negli USA negli anni 80 si diffusero numerose organizzazioni di mediazione familiare, inizialmente private, divenute in alcuni Stati veri e propri servizi pubblici. Esperienze simili sono nate poi in Canada, Inghilterra, con Lisa Parkinson, in Francia e dagli anni ’80 anche in Italia (il primo servizio pubblico italiano di mediazione familiare che offre un intervento specialistico sul tema della separazione, il “centro Gea” nasce a Milano in collaborazione con il comune di Milano); dobbiamo però attenderela metà degli anni ’90 per vedere la fondazione delle prime associazioni di mediazione familiare, oggi riconosciute ai sensi della L. 4/2013.
Si sono sviluppati diversi modelli di mediazione familiare, che si differenziano per il tipo di approccio adottato, il numero di professionisti coinvolti e le tematiche affrontate. Lo scenario contemporaneo di forte e crescente conflittualità suggerisce che il mondo della mediazione familiare non resterà né fermo né in disparte: il numero di famiglie che hanno bisogno di consulenza e supporto sta aumentando ovunque, all’estero come in Italia.
LA MEDIAZIONE FAMILIARE NEL NOSTRO PAESE
Nel nostro paese, sino al 2021 l’ordinamento giuridico italiano, non forniva una definizione compiuta dell’istituto della Mediazione familiare, ma lo contemplava direttamente e indirettamente in alcune normative. La situazione attuale vede finalmente il mediatore familiare riconosciuto come figura professionale definita ed autonoma, che opera nell’ambito delle prerogative di cui alla Legge 4/2013 (con richiamo alla norma tecnica Uni 11466:2016), vede inoltre riconosciuto nell’Atlante Nazionale del Lavoro e delle Qualificazioni il “Servizio di Mediazione Familiare” con la descrizione dei contenuti del lavoro in termini di attività (task, compiti, ecc.) e dei prodotti e servizi potenzialmente erogabili nello svolgimento delle stesse.
Ma soprattutto è con la riforma Cartabia, la L. 26 novembre 2021, n. 206 e il seguente Decreto Legislativo delegato 10 ottobre 2022, n. 149 che si assiste all’introduzione di diritto del percorso di mediazione familiare, come risorsa per la gestione della conflittualità tra genitori in fase di separazione e divorzio. Da poco abbiamo compiuto un ulteriore passo avanti significativo grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto n. 151/2023 titolato “Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare”.
Il provvedimento, entrato in vigore il 15 novembre, disciplina, citando, quanto segue:
a) l’attività professionale del mediatore familiare e la sua formazione;
b) i requisiti di onorabilità per l’esercizio della professione e per l’iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 12-bis del regio decreto n. 1368 del 1941 recante «Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie»;
c) le modalità e i contenuti dei corsi obbligatori dedicati ai mediatori familiari per la formazione iniziale e l’aggiornamento professionale continuo;
d) i requisiti del formatore nella mediazione familiare;
e) le regole deontologiche della professione del mediatore familiare;
f) le tariffe applicabili all’attività professionale del mediatore familiare;
g) il trattamento dei dati personali raccolti in conformità al presente decreto.
Credo di essere in buona compagnia nel dire che è giunto il momento di una riflessione profonda e seria sulla nostra professione, riflessione che parte da una semplice domanda: chi è il mediatore familiare? E che cosa fa nel nostro paese? Per rispondere, possiamo partire da alcuni punti fermi, come i destinatari della mediazione e gli obiettivi di questo servizio.
CHI SONO I DESTINATARI DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
Come ho dichiarato in una mia intervista un paio di anni fa, la mediazione familiare ha come destinatari coppie sposate/conviventi, con o senza figli, in crisi, in fase di separazione o divorzio, successivamente alla separazione o al divorzio, un patchwork variegato e in costante evoluzione, perché il mutare della società comporta cambiamenti che toccano anche le relazioni fra persone (pensiamo a quello che ha rappresentato il Covid per molte coppie e famiglie).
La mediazione può anche essere pensata in famiglia, quando si vive un conflitto tra genitori e figli, tra fratelli o famigliari per la cura di un anziano non autosufficiente, per questioni economiche, ecc…
I destinatari possono essere persone di tutte le età ed estrazioni sociali, perché le questioni da affrontare in un rapporto famigliare prescindono dalla classe, dalla provenienza geografica e dalle condizioni economiche.
LA MEDIAZIONE FAMILIARE COME UN PERCORSO A TAPPE
Per capire in concreto che cosa fa il mediatore, possiamo immaginare gli obiettivi di questo lavoro come un percorso a tappe. Il più delle volte bisogna raggiungere tappe vicine, o a breve termine, da sperimentare, per poi valutarne i risultati, gli esiti, eventualmente riparametrarli e rilanciarli su una temporalità più lunga. La mediazione familiare diventa così un percorso fatto di passi condivisi insieme, uno alla volta: se i mediandi si rendono conto che possono trasformare il loro conflitto, raggiungendo piccoli risultati, allora possono anche acquisire fiducia nelle loro competenze e responsabilità genitoriali per poter proseguire in questo viaggio, con un’idea di empowerment anche a medio-lungo termine. È a questo traguardo che deve tendere il mediatore familiare, anche grazie, se necessario, alla collaborazione con altre figure professionali (legali, psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, assistenti sociali).
CHE COSA FA QUINDI UN MEDIATORE FAMILIARE IN ITALIA?
Per concludere, il mediatore familiare compie una serie di azioni che variano in funzione delle circostanze e dell’avanzamento del percorso. Un elenco parziale potrebbe includere queste mansioni:
- Offrire uno spazio, neutrale, riservato, informale, non giudicante, accogliente ed un tempo dove accogliere le richieste e i bisogni di chi vive relazioni conflittuali, che non riesce a gestire da solo
- Facilitare l’incontro tra le persone, la comunicazione tra loro, necessari per poter prendere delle decisioni e raggiungere un accordo condiviso, duraturo, sostenibile e soddisfacente per tutti i membri del nucleo familiare
- Accompagnare la coppia genitoriale nella ristrutturazione delle relazioni familiari e nella riorganizzazione della vita familiare, secondo il principio della co-genitorialità
- Tutelare il diritto dei figli al mantenimento di relazioni sane e costruttive con entrambi i genitori
- Stimolare a guardare al conflitto da un’altra prospettiva: non più “io contro di te”, ma “noi contro il problema”
Attenzione però: a fronte di queste possibilità, il mediatore familiare opera (o dovrebbe operare) all’interno dai confini ben precisi. Ci sono cose che non bisogna chiedere né aspettarsi, ad esempio:
- non consiglia né fornisce informazioni e consulenza di tipo legale
- non sostituisce un giudice e nemmeno un arbitro
- non svolge attività di consulenza tecnica di parte o d’ufficio
- non fa terapia di coppia
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